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ACROMEGALIA – testimonianza n.7

Dopo anni trascorsi tra casa, medici e ospedali, non riesco ancora a parlare in modo chiaro e semplice dell’ ACROMEGALIA. L’unica parola che userei per descrivere questa patologia è: MACCHINA… Si, perché è una vera e propria macchina quella con cui l’acromegalico ha a che fare… una macchina che mangia chilometri e chilometri nel nostro organismo e che, con il suo motore “silenzioso”, raggiunge ogni meta desiderata! Una macchina che si nutre di tristezze, paure e ansie (oltre che di quantità consistenti di pasticche!), che cresce, cresce e ci gonfia! Mani, piedi e viso che crescono a dismisura come crescono i giudizi di persone che da fuori osservano, domandando sempre più spesso come stiamo!

Quando mi è stata diagnosticata la malattia, non sapevo nemmeno cos’era l’ ipofisi, GH, IGF-1 … mi parlavano di una “malattia rara” (anche se, a parer mio, rara non lo è affatto) che avrebbe certamente cambiato la mia vita, ma di cui non stavo capendo nulla. Soltanto leggendo la prima cartella clinica ho iniziato a realizzare che non sarebbe stata una fase passeggera della mia vita…. C’era scritto più o meno: “massa tumorale benigna di 5 x 3 cm… più o meno!

Era il 16 dicembre 2009 quando l’oculista mi consigliò al più presto una RMN, perché qualcosa premeva sul nervo ottico dell’occhio destro. Ricordo ancora le facce attonite dei miei genitori quando ci diedero il referto… loro avevano capito sicuramente più di me di cosa si trattasse; io sorridevo: qualche giorno prima avevo firmato il mio primo contratto di lavoro che, di lì a un anno, mi avrebbe dato l’opportunità di trasferirmi a Londra o Parigi; avevo 19 anni e tanta voglia di spaccare il mondo… cosa avrebbe potuto fermarmi?! Niente!

Da allora, invece, sono stata bloccata e trasformata da ben 3 interventi chirurgici (di cui l’ultimo con conseguenze gravi), un corpo resistente a qualsiasi tipo di cura e complicazioni varie!

E’ una malattia strana, questa, perché da fuori (a parte qualche caso eccezionale e per occhi molto esperti) non sempre si riesce a “vedere” che si è malati… e quasi mai la gente “vede” che all’aumentare di GH, cresce il malessere fisico e soprattutto psicologico.

Ovviamente, ognuno vive la storia a modo suo, ma per quello che riguarda la mia esperienza personale, posso dire che le difficoltà incontrate sono state e sono molte, ogni giorno.

Ho visto “amici” allontanarsi accusandomi di spegnermi sempre più e “annoiarli”; ho visto il mio corpo cambiare e indurirsi progressivamente; ho visto preoccupazione, tenerezza e sentimento di inutilità negli occhi dei miei familiari, incapaci di aiutarmi a guarire; mi sono sentita dire che forse non avrei mai potuto avere figli; oltre a vedermi come un mostro allo specchio e in foto, ho passato sei anni a chiedermi se fossi uomo o donna, a causa dell’assenza totale del ciclo mestruale e con peli che crescevano ovunque come un ragazzo; ai colloqui di lavoro mi sono sentita dire che “l’azienda aveva bisogno di una persona NORMALE e capace di rendere al massimo”; mi sono ritrovata a seguire iter infiniti per l’invalidità civile, ottenendola al 100%; ogni giorno faccio i conti con le 21 pasticche da assumere per il diabete, la pressione alta e per l’acromegalia in sé.

La cosa più brutta è che, per la prima volta, mi sento sola e incapace di fronte ad una situazione troppo “grande”: infatti, nonostante il sostegno di medici e familiari, nessuno può capire effettivamente la mia condizione.

Mi sento un peso per me stessa e per chiunque mi sia intorno… mi sento limitata nelle speranze del futuro: come e quando potrò avere una casa tutta mia ed essere totalmente indipendente?! Come potrò trasferirmi all’estero come tanto sognavo?! Come potrò ricostruire quella vita “normale” tipica dei miei coetanei, se l’acromegalia è diventato il mio Essere?!

Eppure, in questo marasma di emozioni negative, riesco a trovare centinaia di motivi per ringraziare Dio della croce che mi ha affidato. In questi anni, ho riscoperto una fede spirituale che avevo messo da parte e incontrato persone a cui devo molto.

I miei medici, prima di tutto… mi hanno sempre trattata con tenerezza, pazienza, disponibilità e affetto! Non mi hanno mai imposto orari per poterli rintracciare né mai fatta sentire un “numero di protocollo” tra tanti; mi hanno insegnato che fare il medico non è un mestiere ma una MISSIONE e che sotto un camice può nascondersi tanta umanità e umiltà. Infine, mi hanno insegnato a pregare, ad avere fiducia in Dio, a non chiedermi soltanto il “perché” tutto questo sia toccato a me, ma ad accogliere e assaporare quelle piccole, grandi gioie che la mia condizione di malata mi offre e che mi ha resa una persona totalmente diversa da quella che sicuramente sarei diventata stando bene!

Loro mi hanno insegnato ad essere forte, a riaccendere i miei sogni, perché altrimenti le cure, da sole, non funzionano! Mi hanno insegnato ad aprire gli occhi davanti ai bisogni dell’altro e a tacere ogni tanto, anzi, proprio quando ho più bisogno di urlare, faccio un sorriso, mi guardo pensando che va tutto bene e allora mi apro a chi mi bussa.

Ho incontrato persone che, con la loro esperienza, mi hanno arricchita… so già cosa vuol dire lottare tra la vita e la morte, desiderare di VIVERE e stringere i denti per riprendermi dal coma, per rialzarmi da una carrozzina e guardarmi allo specchio senza provare disgusto davanti all’immagine di me senza capelli e con l’occhio sinistro chiuso!

Oggi mi sento una ragazza un po’ troppo grande, forse troppo per la giovane età! A volte sopravvivo con il nemico, sembro gestirlo… altre lo detesto con tutta me stessa.

Io che sarei dovuta essere “grande” in tutto, mi sentivo piccolissima davanti alle persone: avevo paura nel parlare, espormi, affermarmi e, paradossalmente, dopo il coma, ho sentito un impulso di vita spingermi verso il mondo del teatro, la recitazione, le maschere, i personaggi e proprio io che mi nascondevo a tutto, sto facendo della mia vita un palco su cui esibirmi; ho abbattuto un po’ dei miei limiti mettendomi a confronto con altri ragazzi, per crescere, mettermi in gioco e DIVERTIRMI, EMOZIONARMI!

Io sono me stessa, NON l’acromegalia! Io sono questa, molto più che l’ ACROMEGALIA… poiché negli occhi miei ora vedo un mondo di sfumature e mi vedo si, molto diversa, ma finalmente BELLA!

Ho il diritto – dovere di sognare e puntare in alto, di aprirmi piuttosto che nascondermi, mostrare ciò che sono e ho imparato invece di tenerlo soltanto per me, impedendo che tutto ciò produca frutto… proprio come quando recito e gli occhi degli spettatori, i riflettori sono puntati su di me; solo così posso farmi conoscere, capire ed accettarmi.

Probabilmente i momenti davvero critici non sono finiti ma, condividere questa mia esperienza e confrontarmi con altri, mi aiuta a catturare le energie positive per andare avanti.

 

Giugno 2016

ACROMEGALIA – testimonianza n.6

3,225 giorni

La mia vita ha subito un brusco cambio di rotta il 3 ottobre 2003: mi era stato diagnosticato un macro adenoma ipofisario, secernente. Mi ricordo che una delle poche parole positive era ‘benigno’. Ok, si puo’ guarire, ma ora non posso occuparmene, perché tra 72 ore devo partire per la Cina per una conferenza. Non essendo a rischio di vita o morte, decisi di partire. Molte altre persone non lo avrebbero fatto, ma io decisi già allora che non mi sarei lasciata condizionare dal tumore. Era l’incoscienza che controllava la mia ragione. Poi avrei pagato le conseguenze degli effetti stravolgenti del tumore. L’acromegalia che lentamente mi rodeva via la vita, la quotidianità; corse infinite da un ospedale ad un altro; visite specialistiche; pronto soccorso per tranquillanti e anti-dolorifici. Fino ad arrivare a perdere un lavoro che in quel momento della mia vita sembrava perfetto: abbastanza autonomia, viaggi e una buona paga. Fino a dover andare da un neuro-psichiatra, perché mi sembrava di impazzire (non dal dolore), ma dalla totale perdita di controllo della mia vita. Ero in balia al dolore, 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana, 30 giorni al mese, 12 mesi all’anno.

Giri infiniti sulle montagne russe delle emozioni (Rabbia e Disperazione). La rabbia per il colpo devastante che la vita mi aveva fatto; la disperazione nei momenti più bui che mi portava ad un passo dal suicidio. Quante volte ho sussurrato a letto ‘ti prego, falla finita che almeno non soffro più e posso dormire’. Per fortuna che ero circondata dai i miei genitori, che avrebbero dato la vita per vedermi sana di nuovo; dagli amici, che mi sostenevano in qualsiasi momento della giornata; dagli specialisti che erano diventati un punto di riferimento fondamentale per me. Ma soprattutto, ho scoperto di avere una forza interna incredibile (inconscia): la mia vita non poteva e non doveva finire così. Dovevo finire l’università (io odio lasciare le cose incomplete).

Oggi, anche se convivo tutt’ora con una minima parte dell’adenoma, la mia vita è cambiata drasticamente. Combinando il Pegvisomant e l’Octreotide s.c., riesco finalmente a condurre una vita normale. Sarà anche il mio atteggiamento alla vita che è cambiato. Prima del 2003 facevo tanti programmi a lungo termine. Nel 2013 mi prefiggo sempre tanti progetti, ma sogno più in grande. Sono sopravvissuta ad un tumore benigno e non esiste nulla al mondo che mi possa più fare paura o trattenermi. Tutto succede per un motivo e io ho sempre cercato (ed e’ ancora così) di vedere il lato positivo di qualsiasi situazione negativa. Se ho perso il lavoro ‘dei miei sogni’ vuol dire che quello non era il mio destino e che non avevo ancora aperto la porta giusta. Ora sto aprendo tante porte contemporaneamente e mi piace sempre di più … sapere che dietro la porta ci sarà una sorpresa.

Mi ritengo molto fortunata essere ancora viva per condividere queste sensazioni e pensieri. E avere ancora così tanta energia. Nessuno potrà mai comprendere la sofferenza di un malato finché non si trova ad indossare le stesse scarpe strette (tranne coloro che le hanno indossate e sono riuscite a toglierle).

Una freccia può essere lanciata soltanto tirandola indietro. Quando la vita ti trattiene indietro, vuol dire che sta per lanciarti in qualcosa di grande. (cit. anonima)

Al 3,225 giorno ho ottenuto la mia laurea magistrale.

 

Maggio 2013

ACROMEGALIA – testimonianza n.5

Sono affetta da acromegalia, a causa di un adenoma ipofisario. La mia vita da acromegalica cominciò all’età di circa 32 anni, anche se per giungere a questa diagnosi ci vollero tre anni abbondanti. Quello che più ricordo di quel periodo sono le giornate caratterizzate da una grande stanchezza, sia fisica che cognitiva. Io non capivo cosa mi stesse accadendo, l’unica cosa che sapevo era che ad ogni sforzo dovevo sedermi a riposare. Trascorrevo interi pomeriggi sul divano, e alzandomi ero ancora più stanca. Neppure il sonno alleviava questa apatia. In quel periodo ogni mia scelta nella quotidianità era dettata da ciò cvhe mi recava il minor sforzo sia fisico che cognitivo, anche il solo pensare alle cose mi costava fatica. Contemporaneamente mi accorsi che avevo sempre le scarpe strette e  quindi dovevo comperarne di più grandi. Anche gli anelli dovevano essere allargati. In tre anni il numero delle mie scarpe passò dal 38 al 41. Ricordo che alla sera in modo particolare avvertivo il fastidio della lingua in bocca, un disagio che cercavo di placare rigirandola in bocca e lasciandola cadere giù, ma senza trovare sollievo. Sentivo tutto il corpo diverso: la sudorazione più abbondante e caratterizzata da un odore non mio; allo specchio mi vedevo i denti più distaccati; le ossa delle mani erano cambiate, i capelli più aridi e secchi, gli occhi vedevano appannato e mi lacrimavano; avevo sempre un gran appetito ed ero ingrassata di circa 15 kg; anche la voce era più roca. La cosa strana fu che io non mi recai mai dal medico per tutti questi mutamenti. Infatti, per quanto riguardava la crescita dei piedi, è voce popolare che dopo il parto può succedere di guadagnare qualche numero di piede, ed io avevo partorito da circa un anno! Tutti gli altri sintomi, poi, sono arrivati in maniera così lenta e subdola da farmi credere che io fossi sempre stata in quello stato. Ciò che finalmente mi portò dalla ginecologa fu la scomparsa del ciclo mestruale, per circa sei mesi. Mi disse che probabilmente si trattava di menopausa precoce! Avevo 35 anni! E mi prescrisse degli esami ormonali. Non fu propriamente questo a farmi giungere alla diagnosi. Ma un vero regalo del destino, perché alla sera di quello stesso giorno, incuriosita da questi discorsi sugli ormoni, presi un mio vecchio libro di scuola e sfogliando il capitolo sugli ormoni, di cui non sapevo proprio nulla, l’occhio mi cadde sull’unico punto che poteva attrarre la mia attenzione in quanto trovai scritto ‘allargamento degli anelli, crescita dei piedi, ingrossamento della lingua e infine amenorrea’! Il tutto classificato sotto il termine di acromegalia. Ebbi un attimo di sbandamento, li avevo tutti. Capii subito che i sintomi erano talmente chiari da non lasciare spazio ad alcun dubbio.  Il giorno dopo mi recai dal medico dicendogli: ‘Dottore io ho i piedi che mi crescono, la lingua ingrossata e l’amenorrea’ e lui mi disse ‘probabilmente si tratta di acromegalia’. Feci i dosaggi di GH e IGF1. Scoprii quindi di avere un adenoma ipofisario GH secernente. Dopo qualche mese venne rimosso con un intervento chirurgico che però non fu risolutivo, in quanto il residuo di un piccolo frammento fece subito rialzare i livelli di GH e IGF1. Continuai quindi la terapia con sandostatina. Dopo 5 anni mi sottoposi ad un secondo intervento chirurgico, per rimuovere il frammento e sperare in una remissione della malattia, ma senza risultato perché i livelli ormonali rimasero tali e quali. Quindi tuttora continuo la terapia con sandostatina. Mi venne poi consigliato di sottopormi alla radiochirurgia, ma non ho ancora trovato il coraggio per farlo. Ora sto abbastanza bene anche se l’avventura non è ancora finita.

ACROMEGALIA – testimonianza n.4

Mi chiamo Simona e ho 38 anni. Alla fine del 2006, inizi 2007, ho iniziato ad avere una serie di disturbi, tra cui, quello più evidente era un notevole fastidio al naso. Dopo vari controlli, sono approdata alla Medicina del lavoro dove mi hanno vivamente consigliato di cambiare occupazione. Premetto che ormai erano 15 anni che mi occupavo di restauro di affreschi/quadri ed anche i miei colleghi avevano sviluppato problemi simili anche se non così gravi. In effetti, respirare solventi ed altre ‘simpatiche sostanze’ alla lunga si fa sentire! Mi sono dimessa alla fine del 2007 e mi sono presa il 2008 come ‘anno sabbatico’ per riprendermi e decidere cosa fare della mia vita. Devo dire che i disturbi respiratori, i bruciori di lingua e gola, il senso di nausea e la fatica a digerire qualsiasi cosa erano spariti, ma il dolore al naso no. Nel frattempo, improvvisamente, si è interrotto il ciclo mestruale e sono iniziate anche le cefalee, e l’affanno a compiere lavori di tipo fisico, la fatica a concentrarsi e, infine, un aumento del numero di scarpa considerevole, dal 38 al 41. Mi sono rivolta alla ginecologa per risolvere il problema delle mestruazioni e l’unico valore leggermente al di sopra della norma, dopo i vari esami del sangue, era la prolattina. Da qui è emerso il sospetto che il problema fosse di tipo endocrinologico, quindi ho parlato con l’endocrinologo che mi seguiva da quando avevo 22 anni. Apro una parentesi, nel 1993 mi è stata tolta completamente la tiroide per un carcinoma papillifero, successivamente, ho fatto anche un ciclo di iodio terapia e pure di cobalto terapia (dall’esame istologico si è visto che erano diventati positivi anche i linfonodi del collo). Tornando al discorso di prima… l’endocrinologo ha deciso di farmi fare degli ulteriori esami del sangue per verificare i valori degli ormoni prodotti dall’ipofisi. Risultato: GH e IGF1 piuttosto alti. Dopo 2 mesi ha ripetuto gli esami, ma la situazione era invariata, quindi mi ha messo in contatto con il dottor ——- e il day-hospital endocrinologico dell’ospedale di ——-. Devo dire che in tempi piuttosto rapidi siamo arrivati alla diagnosi; dopo esami più accurati per controllare l’andamento del GH e degli altri ormoni ipofisari e una risonanza magnetica alla testa, il risultato è stato: acromegalia data da adenoma ipofisario GH secernente. In realtà questo è stato confermato dall’esame istologico post-operatorio, perché il dottor ——-, ovvero il neurochirurgo del ——- che mi ha operato, non aveva mai visto un adenoma ipofisario ramificato e posizionato come il mio, quindi era un po’ dubbioso. Aggiungo che mi disse anche subito di non sapere se sarebbe riuscito a toglierlo tutto, proprio per l’estensione e per come si era ancorato a tutti gli anfratti possibili. Alla fine, l’intervento è riuscito perfettamente, GH e IGF1 si sono stabilizzati, il ciclo mestruale è ripartito 2 giorni dopo l’operazione e le due risonanze magnetiche fatte (una dopo l’intervento e l’altra dopo 6 mesi) erano negative. Mentre succedeva tutto questo, ho partecipato, alla fine del 2008, ad una selezione per un corso di formazaione per operatori socio-sanitari. Eravamo in 900, ma sono riuscita a passare (ne prendevano 75). Il corso è iniziato nel dicembre del 2008, nel gennaio del 2009 ne ho perso una parte per via dell’intervento, ma sono stati molto comprensivi! Ora, mi occupo di ragazzi disabili ed è un lavoro che mi gratifica molto. Probabilmente, se non fossi stata spronata dalla malattia, non so se mi sarebbe venuto in mente di ‘lanciarmi’ in questo settore! Ogni 6 mesi ho i controlli ormonali a ——- e ogni anno la risonanza magnetica ‘encefalo massiccio facciale’. Un po’ di fastidi ce li ho ancora, soprattutto al naso, infatti mi hanno dotato di uno spray di cortisone da usare all’occorrenza! Il tipo di intervento non è dei più leggeri, quindi un po’ di ‘acciacchi’ erano prevedibili… Di recente mi hanno trovato un nodulo benigno al seno sinistro, devo tenerlo sotto controllo, forza pure, risolveremo anche questa!

marzo 2010

ACROMEGALIA – testimonianza n.3

Nel novembre del 1991 causa persistenti dolori articolari alle spalle sono andato da una fisiatra che, insospettita, chiedeva consulto ad un collega nell’ambulatorio a fianco ed entrambi mi prescrissero un dosaggio ormonale di somatomedina e degli rx al capo e alla luce dei risultati mi avviarono ad una visita specialistica endocrinologica. La diagnosi fu immediata anche se presentata con una certa crudezza di linguaggio (allora la parola tumore anche se con l’aggiunta di benigno terrorizzava ancora). L’impatto psicologicamente fu piuttosto difficile e mi creò grosse difficoltà di adattamento e di serenità, ma col tempo ho imparato a conviverci. Dalla diagnosi attraverso un lungo ricovero, fatto di analisi, sono arrivato rapidamente all’intervento chirurgico (1 aprile 1992) purtroppo “condito” con problematiche cardiache.  Da allora ho seguito con scrupolo il piano terapico ma nonostante tutto l’adenoma all’ipofisi ha ricominciato a creare problemi e nel 2000 nel dilemma di scelta tra una nuova operazione o radiazioni ho concordato la seconda. Ancora la pausa senza terapie è stata brevissima e ora sono in trattamento standard conservativo. Peccato che si siano aggiunti problemi cardiaci e respiratori ( devo usare un respiratore notturno CPAP) che limitano la mia attività relazionale e lavorativa tanto da indurmi a presentare istanza di pensione per invalidità, la commissione medica mi ha congedato dal lavoro concedendomi soltanto di andare in pensione anticipata senza riconoscere alcun bonus collegato alla conclamata forma di neoplasia come viene definita dallo SSN nelle documentazioni ufficiali. L’acromegalia è una malattia spesso subdola che non è molto conosciuta nemmeno tra i medici che non comprendono le implicazioni collaterali e si limitano a fidarsi delle informazioni canoniche, troppe volte la si sottovaluta assieme alle implicazioni collaterali fisiche e psicologiche. Nonostante tutto, la volontà di vivere ha il sopravvento e spero sempre che la medicina trovi qualche ulteriore nuova ed efficace terapia e auguro che tutti quanti soffrono dei miei stessi problemi ne possano usufruire.

dicembre 2011

ACROMEGALIA – testimonianza n.2

Sono entrata in contatto con il gruppo ANIPI in quanto a mio marito è stata diagnosticata da poco tempo acromegalia per micro-adenoma GH secernente.
La partecipazione al gruppo è stata per me di fondamentale importanza, perché mi sono trovata a vivere per interposta persona il percorso della malattia, andare oltre il campo medico e trovare un luogo d’incontro ed un appoggio emotivo è stato importantissimo. Inizialmente è stato di fondamentale incontrare un endocrinologo che abbia sin dalla prima visita compreso anche le difficoltà emotive di mio marito nell’ apprendere di essere malato, una cosa che può sembrare semplicissima se la si vede dal punto di vista razionale ma difficilissima da integrare nel vissuto emotivo di una persona, soprattutto se fino a qual momento sana, dinamica ed impegnata dal punto di vista lavorativo e sociale. Oltre alla chiarezza con la quale ci ha illustrato la malattia senza spaventarci ma facendo sì che non fosse sottovalutata, si è reso umanamente disponibile fino ad accompagnarci personalmente al centro specializzato della Clinica ——— III a colloquio con il Prof. ————. Nel caso di mio marito, la sua difficoltà di accettazione della malattia ha reso molto più difficile inizialmente anche il suo “ascolto” dei sintomi, aver condiviso con altre persone anche quelle che possono essere le difficoltà, le problematiche di un vissuto quotidiano, gli sbalzi d’umore, e i meccanismi di difesa della nostra parte cosciente, mi hanno permesso di essere in una relazione d’aiuto più pronta a cogliere eventuali segnali importanti.
L’impatto con la malattia ipofisaria, coinvolge che si voglia o meno l’intero nucleo familiare, e di pari passo con la professionalità medica, diventa per il malato e per i suoi familiari determinante un incontro “empatico – emotivo” con il personale medico e paramedico, non è così facile integrare al proprio vissuto emotivo quanto accade nella vita di un malato ipofisario che come nel caso dell’acromegalia vede modificare il suo aspetto fisico, dover fare i conti con una minore energia fisica e mentale che arriva a compromettere il proprio stile di vita, e deve affrontare continui accertamenti medici…che non si conoscono e che proprio per questo spaventano, a volte così tanto, da minare il fragile equilibrio che si vive in questi momenti; tutto ciò emotivamente porta a un dover entrare in relazione con se stessi in modo diverso e ognuno in questo può incontrare molte difficoltà…forse deve persino incontrare quel modo di essere che potrebbe avere con il tempo permesso all’ipofisi di ammalarsi.
Di fronte al parere di un neurochirurgo viene da chiedersi come fanno ad essere così freddi e distaccati nel dare il referto su una malattia non curabile o che può mettere a rischio la vita nostra o delle nostre persone care?
Di sicuro questo se lo chiede chi vive esperienze come queste per se o per i propri familiari, invece spazi d’incontro diversi legati alla relazione con l’altro e alla condivisione del vissuto emotivo mettono in contatto le persone e le loro esperienze di vita con il cuore in mano in cerca sì di informazioni ma anche di una parola di speranza.

aprile 2009

ACROMEGALIA – testimonianza n.1

Mi è stata diagnosticata l’Acromegalia nel 2005 con otto anni di ritardo dai primi sintomi e dalle prime visite.
Nel 1997 un endocrinologo dopo varie visite, day hospital e per finire un ricovero di cinque giorni in ospedale (nel reparto di medicina) ha pensato bene di dimettermi senza eseguire una risonanza e senza preoccuparsi del valore del mio GH che era a 17. Anzi mi disse che stavo bene e che non avevo problemi particolari perché i prelievi erano risultati tutti a posto e che non dovevo preoccuparmi.
E così ho fatto, a quel tempo non sapevo che esisteva l’acromegalia. Gli anni sono trascorsi, ma non sono stati semplici, ma il più difficile è stato l’ultimo anno prima della diagnosi. Avevo tutti i sintomi che può avere una persona con l’acromegalia, ma non ho mai dato peso alla cosa perché, purtroppo, mi fidavo di quello che mi aveva detto l’endocrinologo.
Poi per fortuna su insistenza dei miei famigliari e del medico di base ho deciso di andare da un altro medico che con i prelievi mirati e una risonanza mi ha subito diagnosticato la malattia. All’inizio il mio equilibrio è stato sconvolto, non capivo quello che mi stava capitando: non conoscevo l’acromegalia e non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro; poi, anche con l’aiuto dei medici, e con tanta forza di volontà ho cercato di capire cosa mi stava succedendo e come dovevo affrontare la cosa nel modo migliore per non sentirmi una persona malata.
Ora dopo quattro anni le cose sono notevolmente migliorate: sono stata operata e continuo la terapia farmacologia, anche se non sta dando i risultati sperati. Nei confronti della malattia mi sento abbastanza forte e cerco di non abbattermi mai, perché così facendo sento che ho il controllo sulla malattia, anche se a volte non è molto semplice.
Per quanto riguarda le mie aspettative per il futuro penso che la medicina in questi anni ha fatto dei passi da gigante e spero sempre che la ricerca scopra delle nuove terapie anche per quello che mi riguarda.

aprile 2009