ACROMEGALIA – testimonianza n.7

Dopo anni trascorsi tra casa, medici e ospedali, non riesco ancora a parlare in modo chiaro e semplice dell’ ACROMEGALIA. L’unica parola che userei per descrivere questa patologia è: MACCHINA… Si, perché è una vera e propria macchina quella con cui l’acromegalico ha a che fare… una macchina che mangia chilometri e chilometri nel nostro organismo e che, con il suo motore “silenzioso”, raggiunge ogni meta desiderata! Una macchina che si nutre di tristezze, paure e ansie (oltre che di quantità consistenti di pasticche!), che cresce, cresce e ci gonfia! Mani, piedi e viso che crescono a dismisura come crescono i giudizi di persone che da fuori osservano, domandando sempre più spesso come stiamo!

Quando mi è stata diagnosticata la malattia, non sapevo nemmeno cos’era l’ ipofisi, GH, IGF-1 … mi parlavano di una “malattia rara” (anche se, a parer mio, rara non lo è affatto) che avrebbe certamente cambiato la mia vita, ma di cui non stavo capendo nulla. Soltanto leggendo la prima cartella clinica ho iniziato a realizzare che non sarebbe stata una fase passeggera della mia vita…. C’era scritto più o meno: “massa tumorale benigna di 5 x 3 cm… più o meno!

Era il 16 dicembre 2009 quando l’oculista mi consigliò al più presto una RMN, perché qualcosa premeva sul nervo ottico dell’occhio destro. Ricordo ancora le facce attonite dei miei genitori quando ci diedero il referto… loro avevano capito sicuramente più di me di cosa si trattasse; io sorridevo: qualche giorno prima avevo firmato il mio primo contratto di lavoro che, di lì a un anno, mi avrebbe dato l’opportunità di trasferirmi a Londra o Parigi; avevo 19 anni e tanta voglia di spaccare il mondo… cosa avrebbe potuto fermarmi?! Niente!

Da allora, invece, sono stata bloccata e trasformata da ben 3 interventi chirurgici (di cui l’ultimo con conseguenze gravi), un corpo resistente a qualsiasi tipo di cura e complicazioni varie!

E’ una malattia strana, questa, perché da fuori (a parte qualche caso eccezionale e per occhi molto esperti) non sempre si riesce a “vedere” che si è malati… e quasi mai la gente “vede” che all’aumentare di GH, cresce il malessere fisico e soprattutto psicologico.

Ovviamente, ognuno vive la storia a modo suo, ma per quello che riguarda la mia esperienza personale, posso dire che le difficoltà incontrate sono state e sono molte, ogni giorno.

Ho visto “amici” allontanarsi accusandomi di spegnermi sempre più e “annoiarli”; ho visto il mio corpo cambiare e indurirsi progressivamente; ho visto preoccupazione, tenerezza e sentimento di inutilità negli occhi dei miei familiari, incapaci di aiutarmi a guarire; mi sono sentita dire che forse non avrei mai potuto avere figli; oltre a vedermi come un mostro allo specchio e in foto, ho passato sei anni a chiedermi se fossi uomo o donna, a causa dell’assenza totale del ciclo mestruale e con peli che crescevano ovunque come un ragazzo; ai colloqui di lavoro mi sono sentita dire che “l’azienda aveva bisogno di una persona NORMALE e capace di rendere al massimo”; mi sono ritrovata a seguire iter infiniti per l’invalidità civile, ottenendola al 100%; ogni giorno faccio i conti con le 21 pasticche da assumere per il diabete, la pressione alta e per l’acromegalia in sé.

La cosa più brutta è che, per la prima volta, mi sento sola e incapace di fronte ad una situazione troppo “grande”: infatti, nonostante il sostegno di medici e familiari, nessuno può capire effettivamente la mia condizione.

Mi sento un peso per me stessa e per chiunque mi sia intorno… mi sento limitata nelle speranze del futuro: come e quando potrò avere una casa tutta mia ed essere totalmente indipendente?! Come potrò trasferirmi all’estero come tanto sognavo?! Come potrò ricostruire quella vita “normale” tipica dei miei coetanei, se l’acromegalia è diventato il mio Essere?!

Eppure, in questo marasma di emozioni negative, riesco a trovare centinaia di motivi per ringraziare Dio della croce che mi ha affidato. In questi anni, ho riscoperto una fede spirituale che avevo messo da parte e incontrato persone a cui devo molto.

I miei medici, prima di tutto… mi hanno sempre trattata con tenerezza, pazienza, disponibilità e affetto! Non mi hanno mai imposto orari per poterli rintracciare né mai fatta sentire un “numero di protocollo” tra tanti; mi hanno insegnato che fare il medico non è un mestiere ma una MISSIONE e che sotto un camice può nascondersi tanta umanità e umiltà. Infine, mi hanno insegnato a pregare, ad avere fiducia in Dio, a non chiedermi soltanto il “perché” tutto questo sia toccato a me, ma ad accogliere e assaporare quelle piccole, grandi gioie che la mia condizione di malata mi offre e che mi ha resa una persona totalmente diversa da quella che sicuramente sarei diventata stando bene!

Loro mi hanno insegnato ad essere forte, a riaccendere i miei sogni, perché altrimenti le cure, da sole, non funzionano! Mi hanno insegnato ad aprire gli occhi davanti ai bisogni dell’altro e a tacere ogni tanto, anzi, proprio quando ho più bisogno di urlare, faccio un sorriso, mi guardo pensando che va tutto bene e allora mi apro a chi mi bussa.

Ho incontrato persone che, con la loro esperienza, mi hanno arricchita… so già cosa vuol dire lottare tra la vita e la morte, desiderare di VIVERE e stringere i denti per riprendermi dal coma, per rialzarmi da una carrozzina e guardarmi allo specchio senza provare disgusto davanti all’immagine di me senza capelli e con l’occhio sinistro chiuso!

Oggi mi sento una ragazza un po’ troppo grande, forse troppo per la giovane età! A volte sopravvivo con il nemico, sembro gestirlo… altre lo detesto con tutta me stessa.

Io che sarei dovuta essere “grande” in tutto, mi sentivo piccolissima davanti alle persone: avevo paura nel parlare, espormi, affermarmi e, paradossalmente, dopo il coma, ho sentito un impulso di vita spingermi verso il mondo del teatro, la recitazione, le maschere, i personaggi e proprio io che mi nascondevo a tutto, sto facendo della mia vita un palco su cui esibirmi; ho abbattuto un po’ dei miei limiti mettendomi a confronto con altri ragazzi, per crescere, mettermi in gioco e DIVERTIRMI, EMOZIONARMI!

Io sono me stessa, NON l’acromegalia! Io sono questa, molto più che l’ ACROMEGALIA… poiché negli occhi miei ora vedo un mondo di sfumature e mi vedo si, molto diversa, ma finalmente BELLA!

Ho il diritto – dovere di sognare e puntare in alto, di aprirmi piuttosto che nascondermi, mostrare ciò che sono e ho imparato invece di tenerlo soltanto per me, impedendo che tutto ciò produca frutto… proprio come quando recito e gli occhi degli spettatori, i riflettori sono puntati su di me; solo così posso farmi conoscere, capire ed accettarmi.

Probabilmente i momenti davvero critici non sono finiti ma, condividere questa mia esperienza e confrontarmi con altri, mi aiuta a catturare le energie positive per andare avanti.

 

Giugno 2016